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18 April 2016

Capri, lo stile della Dolce vita – IL MATTINO

di Santa Di Salvo

Curzio Malaparte e Alberto Moravia a piedi nudi a Villa Malaparte. Come Brigitte Bartdot, che Godard immortala nella stessa villa, sotto lo stesso sole. Sophia Loren in foulard e Clark Gable senza mocassini
nel 1960 in via Camerelle davanti al negozio del calzolaio De Martino. Audrey Hepburn con i Capri Pants di Sonja De Lennart sul set di «Vacanze Romane». Palma Bucarelli agli scavi di Villa Jovis con i sandali di cuoio allacciati alla romana. Emilio Pucci, allora «Emilio of Capri», con le sue modelle alla Canzone del Mare, vestite in Blu Capri e Rosa Emilio. Livio De Simone in piazzetta con una sua mantella multicolore.
La gonna tulipano di una modella de La Parisienne. Gli schizzi futuristi di Depero sulle stoffe della contessa Clarette Gallotti. I disegni su camicie e foulard di Laetitia Cerio. I bozzetti di Enrico Coveri per Tiberi Capri. Lo shopping di Irene Galitzine con Jackie Kennedy. Roger Peyrefitte e Jean Paul Sartre al caffè, a piede libero con espadrillas, anzi con «zabattigli» made in Capri.

Siamo soliti identificare i luoghi della moda con le grandi realtà urbane, sia per l’alta moda che per lo street style. Ma siamo sicuri che Parigi, Roma, Milano, Londra, New York siano le sole capitali che fanno tendenza? Prendiamo, non a caso, Capri. Luogo «alla moda» e «della moda», nel senso di laboratorio dove sono nati modi di vestire, capi di abbigliamento e way of life. Siamo certi che un’isola del Mediterraneo piccola e apparentemente appartata abbia contato meno di una metropoli nella storia dello stile?
No, proprio no. Specialmente se prendiamo in considerazione l’age d’or, ovvero gli anni che vanno dal secondo dopoguerra agli anni Settanta, cioè prima che l’ascesa degli stilisti e delle griffe multinazionali trasformasse l’estetica in fashion globale.
Capri, teatro del meraviglioso, è stata per diversi decenni un polo d’attrazione di artisti e borghesi estenuati, intellettuali e flaneur, stravaganti e anarchici irriducibili che, semplicemente, hanno «messo in scena» una visione del mondo che magicamente riconciliava gli opposti. Per dirla con un ossimoro di Raffaele La Capria, Capri come limbo di «profonda leggerezza».
Cioè libertà dagli obblighi anche formali, minimalismo ante litteram da un lato; e tendenza all’eccesso, all’eccentrico, al dandysmo borderline dall’altro. Ecco, probabilmente, la formula da cui nasce lo «stile caprese». Inimitabile come l’isola, e altrettanto duraturo e impresso nella memoria collettiva con i suoi protagonisti, le sue imprese artigianali, i suoi eventi memorabili come le undici edizioni di Maremoda, ideate da Rudy Crespi e diventate un faro della cosiddetta Moda Boutique fino alla fine degli anni Settanta.
Di tutto questo ed anche d’altro parla il raffinato volume Caprimoda edito da La Conchiglia, con testi di Riccardo Esposito e foto straordinarie prestate dagli archivi privati degli stilisti e dalle grandi agenzie fotografiche (pagg. 200, euro 43). Il volume, che si presenta il prossimo mercoledì a Roma, all’Hotel de Russie alle ore 18, relatori Angelo Bucarelli e Giuseppe Scaraffia, con la partecipazione di Gigi Fedeli, e naturalmente dell’autore, cerca brillantemente di fare il punto sul fenomeno denominato appunto «stile caprese» e sulla peculiare idea del «lusso» inteso come pienezza del rapporto con l’ambiente e con una téchne diffusa, legata all’alta qualità dell’artigianato locale.

In un inconsueto mix di contemporaneità e passato remoto (i calzari romani, i pantaloni dei pescatori isolani, i cappelli d’ispirazione frigia, i tessuti di tela povera, le scarpe di corda), la moda caprese ha impresso un marchio indelebile nell’universo fashion.

Una vera e propria epica insulare che si ripete in mille descrizioni letterarie e affascina icone internazionali come Diana Vreeland, conquista il ricchissimo mercato dei buyers degli States, attrae infiniti personaggi del jet set, maestri dell’effimero e star di Hollywood. Dall’infinito elenco di protagonisti ci piace citare il ruolo centrale che ha avuto un genio assoluto della moda come Emilio Pucci e le piccole realtà artigianali del luogo: le tessitrici di Anacapri rese celebri dalla Gallotti, i sarti, i calzolai come Canfora, Ruocco, Ricci, Pandolfi. Con la consapevolezza che il brand Capri, nonostante le mercificazioni dell’ultima ora, continua a suscitare passioni e ispirazioni inedite che contano ancora molto nel mondo della moda.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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