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2 June 2005

Il Segnalibro – La Campania

di Ugo Cundari

«Niente, niente è certo se non la nullità di tutto ciò che io posso capire e la grandezza di qualche cosa che non si può capire, ma che è di somma importanza» diceva Tolstoj. A leggere il classico di Martin su Napoli, ristampato da un ammaliante editore caprese a quarant’anni dalla prima edizione, questa frase potrebbe benissimo essere riferita alla città. Napoli come ideale luogo di residenza di Giano, il Dio che apre e chiude, che vive di opposti contrasti senza mediarli, ma semplicemente permettendone la convivenza.
Il celebre, generoso amore per la vita del popolo napoletano, per esempio, è altrettanto appassionato e onnipresente di quello per la morte: gioia, solarità e bellezza non si contrappongono, ma si alternano a oscurità, pericolo e annientamento.
In questa raccolta di racconti Martin riesce, oltre al tema del doppio, a estrapolare altre più note caratteristiche del popolo napoletano, anche se mantiene sempre un suo modo di raccontarle e analizzarle, da psicologo junghiano qual è, che ne fa come scoperte nuove: la perenne teatralità (Il gobbo), la predisposizione alla malinconia (L’uomo dei gamberi), lo sfrenato individualismo (Corpo di Napoli), l’appartenenza a un vulcano e a una sostanza immateriale (Il fuoco)… infine Napoli come supremo e ancora intatto simbolo dei simboli, grande calderone psichico, creatura istintiva e incompiuta la cui sorte è quella di uno spettro mitologico. Martin è uno dei pochissimi scrittori che veramente ha compreso Napoli.

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