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18 July 2003

Cacciari:” I miliardari puzzolenti fanno fuggire gli intellettuali” – CORRIERE DEL MEZZOGIORNO

di Gimmo Cuomo

CAPRI. Lontano dalla sua Venezia, il filosofo Massimo Cacciari si sta concedendo qualche giorno di riposo in quella Costiera amalfitana che ama da sempre e che insieme a Capri considera «il posto più bello del Mediterraneo». Oggi si trasferirà appunto sull’isola azzurra dove alle 19.30 sulla terrazza dell’hotel Caesar Augustus di Anacapri leggerà il quinto canto dell’Inferno della Divina Commedia. L’evento è stato organizzato da Ausilia Veneruso e Riccardo Esposito, gli infaticabili ed entusiasti titolari della libreria «La Conchiglia», e dallo stesso proprietario del Caesar Augustus Paolo Signorini.
Professore cosa c’entra Dante con Capri?
«La scelta è stata mia. Quando mi fu chiesto di venire a Capri per un incontro culturale pensai subito a Dante. E, in particolare, pensai proprio al canto di Paolo e Francesca, così celebre e famoso. Volevo evitare gli eccessi specialistici. D’altra parte, non posso dimenticare che, al di là della fama, si tratti di uno dei canti più difficili dell’opera dantesca, soprattutto dal punto di vista teologico».
E Cacciari, invece, che rapporto ha con l’isola?
«Un rapporto molto antico. A Capri sono venuto per la prima volta da ragazzo. Ora, di tanto in tanto, ci torno. E sempre molto volentieri. Mi considero un innamorato di questi posti, che, come le ho appena detto, considero i più belli del Mediterraneo.
E guardi che ho girato molto».
Che spazio c’è secondo lei oggi per la cultura in un’isola così mondana e patinata come Capri?
«A me sembra bello che a Capri si organizzino momenti d’incontro come questo. Insomma credo che si debba trovare spazio per qualcosa di diverso rispetto al solito cicaleccio, al chiacchiericcio salottiero, al gossip. Del resto l’isola storicamente ha avuto una connotazione culturale molto precisa, ha sempre attratto grandi uomini di cultura, grandi artisti. In quest’ottica mi sembra meritoria l’attività di una piccola casa editrice come la Conchiglia che punta a preservare un aspetto non secondario dell’identità caprese. La valorizzazione della vocazione autenticamente culturale dell’isola è un’operazione esemplare».
Non ha mai ceduto al fascino indiscreto del «pettegolezzo da piazzetta»?
«Davvero mal. Non ho mal frequentato certi giri e non ho mai fatto salotto».
Cosa le piace in particolare dell’isola?
«A parte le chiacchiere, tutto. Mi piacciono i luoghi, mi piace la gente del posto».
Chi tra gli uomini di cultura che hanno frequentato Capri ha interpretato meglio l’isola?
«Credo che lo straordinario paesaggio caprese trovi un’interpretazione autentica, drammaticamente alta, in «Ferito a Morte» di Raffaele La Capria. Che considero uno dei più grandi romanzi del Novecento. Quel libro si può considerare l’equivalente di un’altra grandissima opera d’arte, cioè il film “La dolce vita” di Federico Fellini».
Intanto La Capria, dia alcuni anni ha lasciato Capri.
«È chiaro: tutti l’hanno lasciata quando è diventata la meta preferita di certi miliardari puzzolenti. Ormai in giro c’è tanta stupidità».
C’è da scommettere che quest’ultima riflessione innescherà non poche polemiche.
«Va bene, accetto il rischio. Anche se mi deve consentire una precisazione. Quando parlo di miliardari puzzolenti, non voglio esprimere un giudizio negativo sulla ricchezza o roba del genere. Mi riferisco esclusivamente a certi ricchi di importazione. Sottolineo: d’importazione. Tra i capresi e gli amalfitani non ne ho mai trovati. Anzi ho sempre apprezzato il gusto, l’educazione e l’estrema civiltà della vostra gente. Di persone così al Nord si è perso lo stampo».
Qualche nome?
«Ne dimenticherei troppi».
Un nome almeno?
«Ma perché fare nomi? Ne ho conosciuti tanti. Ecco se proprio vuole penso tra gli altri a Giovanni Russo, il proprietario de Li Galli, dove sono stato qualche giorno fa».
Ciclicamente ritorna una vecchia questione: Capri è un’isola di sinistra o di destra?
«Capri è Capri e basta. Quando ero sindaco di Venezia ero in ottimi rapporti col sindaco. E probabilmente non ho mai saputo, né mi sono chiesto, di che partito fosse».
Sta parlando di Costantino Federico?
«Appunto. Era lui il sindaco».
Se è per questo lo è tuttora.
«Ma davvero? E come fa a restare in carica da tanto tempo? Forse hanno varato una legge ad hoc per lui? Scherzi a parte, mi era molto simpatico. Proprio un tipo particolare».

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