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4 July 2003

Capri, come un film in bianco e nero – CORRIERE DEL MEZZOGIORNO

di Francesco Durante

È un momento felice per Umberto D’Aniello, giovane artista anacaprese della fotografia. Una sua personale intitolata «Capri L’isola intima» è attualmente allestita alla galleria Hartmann di Monaco di Baviera; un’altra sua più piccola ma non meno interessante rassegna, dedicata a «La processione di Sant’Antonio» si può ammirare ancora per la giornata di oggi nel negozio anacaprese de La Conchiglia; infine, la prima edizione italiana dell’ultimo libro di Norman Douglas, Footnote on Capri (110 pagine, 22 cure), tradotto da Giuseppe Bernardi e pubblicato per i tipi della stessa Conchiglia, si avvale di una bellissima serie di sue immagini di paesaggio caprese.
Partiamo per l’appunto da questo libro, che è come dire una specie di mostra che ciascuno può decidere di portarsi a casa. In esso, a Umberto D’Aniello è toccato l’onore di fare da contrappunto visivo alle belle pagine douglasiane, prendendo il posto che nella edizione originale di mezzo secolo fa era stato del fotografo inglese Islay Lyons.
Si potrà forse discutere, su di un piano strettamente «filologico», la scelta di utilizzare immagini nuove non certo la loro qualità. Le fotografie di Umberto D’Aniello sono infatti il frutto di un rapporto profondo e costante con l’isola, in una continua e mai definitivamente appagata ricerca. Questo fa si che in esse si compia il miracolo di una impreveduta «novità», anche quando quelle immagini affrontano soggetti ad altissimo rischio di oleografia come in fondo sempre accade con Capri, che è stata messa in posa milioni e forse miliardi di volte. Riuscire a cogliere risultati originali in un ambito del genere, e farlo per di più esprimendo un riconoscibile stile personale, è risultato di tutto rilievo.
Va inoltre detto che il nitidissimo bianco e nero di Umberto D’Aniello reca una sua strana qualità «invernale» che coopera con magica complicità insieme al testo di Douglas, anch’esso un punto di arrivo, l’approdo estremo di una lunga fedeltà, il suo testo caprese più denso e insieme più breve soltanto una footnote, una nota a piè di pagina che oggi può servire da primissima introduzione ai nuovi curiosi della storia di Capri, e che in realtà è il congedo dell’autore dal ramificato labirinto di quella storia, in cui volle aggirarsi per una vita quasi intera, sicché la storia di Capri è la storia di Norman Douglas in un rapporto di dolcissima, intima malinconia e identificazione nostalgica; «invernale» come è delle vere solitudini mediterranee, e come Umberto D’Aniello l’ha potuto intendere in una spontanea, naturale sintonia.
Tutto questo, naturalmente, si ritrova anche nella mostra tedesca, aperta fino al 30 agosto; mentre nella piccola personale della Conchiglia D’Aniello concentra la propria attenzione su un tema più preciso e limitato, quale appunto è la processione anacaprese di Sant’Antonio, imperdibile rito di giugno che ha il potere, ancor oggi, di fermare tutti gli orologi, e di riportare Anacapri alla perennità solenne che spetta ai luoghi sacri all’armonia: più forti, malgrado tutto, delle formidabili forze che cercano di travolgerli e di ricacciarli nel caos indistinto della banalità.

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