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La costiera amalfitana isola felice per gli ebrei maestri di ceramica – LA STAMPA/TUTTOLIBRI
di Flavia Amabile
Una coppia fuggita dalla Germania fondò a Vietri un marchio celeberrimo
C’è una terra dove «sembrava che gli ebrei non fossero mai esistiti», un’isola felice dove anche negli anni più difficili delle persecuzioni razziali chi decideva di fuggire dalla Germania poteva essere certo di essere accolto. Lì gli ebrei venivano considerati dei forestieri come tanti o, al massimo, dei tedeschi. Quella terra si trovava in Italia, era la Costiera Amalfitana dove non si aveva traccia di una comunità ebraica nel raggio di molti chilometri e dove le informazioni su quello che accadeva nel resto del mondo non sempre arrivavano. E, anche quando arrivavano, non sempre erano considerate poi così interessanti da una popolazione alle prese con la mancanza di cibo e una miseria che sembrava impossibile da sconfiggere.
Fu così che tra gli anni Venti e gli anni Trenta si creò tra Vietri sul Mare e Positano una comunità di intellettuali e artisti in fuga dall’Europa centrale. Max e Flora Melamerson furono tra i primi, trovarono casa a Vietri rivoluzionando la vita del piccolo borgo con le loro intuizioni e scrivendo una pagina totalmente nuova nella storia dell’arte della ceramica mondiale. Nulla di quello che accadde è stato finora raccontato in modo completo. Non esiste una pagina Wikipedia dedicata a loro e digitando i loro nomi sui motori di ricerca in rete, si trovano poco più di diecimila risultati, quasi tutti di poche righe, spesso ripetute di sito in sito. Nessuno finora era andato a scavare nella vita di questa coppia di ebrei tedeschi, artisti, persone di cultura, dotate di un ottimo fiuto imprenditoriale ma anche di una buona dose di intuito che li portò a allontanarsi dalla Germania quando la minaccia delle persecuzioni razziali era ancora lontana e inventare una vita totalmente nuova a Vietri sul Mare.
A farli emergere dalle pieghe della storia è stato Antonio Forcellino, uno dei migliori restauratori di Michelangelo esistenti al mondo e un attento studioso della storia dell’arte rinascimentale. Stavolta ha scelto di affrontare un mondo e un’epoca diversi di cui però conosce con altrettanta profondità ogni dettaglio: Forcellino è originario di Vietri sul Mare, è cresciuto nei luoghi scelti da Max e Flora come rifugio e i racconti della loro impresa hanno popolato la sua vita fin da quanto era bambino.
Il risultato della sua ricerca è raccontato in un libro (La ceramica sugli scogli), che si sviluppa su tre registri narrativi: saggio, autobiografia e romanzo. Leggendolo si segue l’evoluzione delle idee di Max e Flora ispirate dal Bauhaus e quindi orientate a valorizzare le capacità degli artisti locali senza protagonismi, lasciando che a prevalere alla fine fossero il marchio e lo stile. Una vera e propria rivoluzione che portò la ceramica di Vietri a conquistare il mondo e a diventare un oggetto di desiderio per le classi più agiate già negli anni Trenta. A rendere unico il loro prodotto furono le tinte pastello e la qualità della ceramica ottenute attraverso gli studi di Max ma anche i disegni che ancora oggi appaiono sui prodotti realizzati dalle maestranze, usciti dalla fervida mente artistica di Flora.
Attraverso le pagine del libro si scopre che lo stesso Benito Mussolini decise di servirsi delle pregiate creazioni della Ics, l’impresa messa su dalla coppia. Furono centomila le piastrelle utilizzate per i pavimenti di Palazzo Venezia e il lavoro fu portato a termine nel 1935, a dispetto di un tentativo di truffa e di un clima sempre più ostile. Non mancarono gli sgambetti e ingiustizie come quelli di Giò Ponti direttore della rivista «Domus» che provò a attribuire ufficialmente tutti i meriti dell’innovazione della ceramica vietrese a Richard Dolker, artista dalle origini totalmente tedesche che premetteva di evitare imbarazzi agli occhi del Duce e del Führer.
Eppure il successo della Ics sembrava inarrestabile. Mentre in Germania si susseguivano i pogrom nazisti, Max e Flora allargarono la loro attività: acquistarono un’industria fiorentina e le loro ceramiche furono richieste anche dal principe Umberto di Savoia per decorare il suo appartamento privato.
Soltanto l’approvazione delle leggi razziali nel 1938 riuscì a fermare la loro ascesa. Anche ora che gli ebrei erano al bando pure in Italia la Costiera Amalfitana provò a svolgere ancora il suo ruolo di isola felice. Il podestà aiutò Max e Flora a mettere in salvo l’impresa e la coppia si illuse di essere al sicuro: invece di fuggire altrove decise di restare a Vietri. Ma il regime premeva, le leggi andavano fatte rispettare anche nella terra dove nessuno sapeva chi fossero gli ebrei e perché venissero perseguitati. Arrivò il decreto di espulsione, quindi i campi di concentramento e le pagine più tristi di una delle industrie italiane più conosciute nel mondo in quegli anni. La coppia andò incontro al suo destino senza smettere mai di pensare all’impresa che avevano dovuto abbandonare. Max e Flora sopravvissero alle persecuzioni ma la guerra distrusse il loro progetto, finendo per cancellarne anche la memoria. Che soltanto questo libro è riuscito a riportare in vita.
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