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Melamerson, una coppia in fuga a Vietri – IL MANIFESTO
Scaffale. «La ceramica sugli scogli» di Antonio Forcellino, edito da La Conchiglia. La vita artistica e
UNA STORIA ricostruita con passione da Antonio Forcellino, architetto, importante restauratore di arte rinascimentale. Max Melamerson in realtà era nato in Polonia ma quando si stabilisce in Costiera ha già trascorso molti anni nella turbolenta e vivace vita culturale tedesca ed è proprio in Germania, ad Amburgo, che incontra Flora Haag. Di quell’impeto e di quell’impegno sono entrambi protagonisti: «Io sono nato a pochi metri dalla casa abitata per un decennio da Max e Flora Melamerson – scrive Forcellino – e dalle finestre vedevo le stesse montagne e lo stesso mare che vedevano loro, sentivo gli stessi odori di primavera. Nessuno meglio di me può capire l’incanto di una vita in riva al Mediterraneo». E prosegue poco più avanti: «Nonostante questo, non posso fare a
NEL MAGGIO del 1929, “Domus”, il mensile di arredamento di maggior prestigio in Italia sostiene già che «queste ceramiche meritano di essere fatte conoscere perché nella loro apparente semplicità hanno pregi non comuni e una loro impronta caratteristica». Max Melmerson prosegue «ha saputo trasfondere un elemento moderno e originale negli antichi tipi che erano prevalentemente correnti, e ha creato nuove forme artistiche e decorative. Ha chiamato intorno a sé artefici da tutto il mondo, ma si è valso infine soprattutto dei bravi operai locali, così che quest’industria, fatta rifiorire e prosperare da un forestiero conserva la sua impronta italiana, anzi tipicamente regionale. Non primeggia un artista ma vi è una grande unità di stile e una giusta comprensione dei valori locali e
LA COPPIA proveniva da importanti esperienze culturali, il cabaret berlinese e la frequentazione delle avanguardie figurative tedesche. Due intellettuali che nella Vietri di quegli anni fascisti costruirono una realtà particolare: artisticamente e commercialmente. E umanamente: Mosè Melamerson per i vietresi sarà semplicemente «il signor Max» mentre di Flora ricordano i vestiti bianchi e l’abitudine di fare il bagno al mare tutte le mattine prima di andare a lavorare. Di loro la gente del paese dice, anche di fronte a una indubbia estraneità che niente aveva a che fare con l’ebraismo che «sono tanto gentili e salutano loro per primi quando incontrano qualcuno per strada».
ALLA FINE i Melamerson si sbagliarono: furono condotti nel campo di internamento per ebrei stranieri a Ferramonti di Tarsia vicino Cosenza, ma si era oramai nel 1943, e lì verranno liberati dagli anglo americani. Ma è con documenti, fotografie e memorie unite a una profonda conoscenza del territorio che Forcellino ricostruisce anche il «prima»: dall’arrivo nel 1926, alla crescita e alla fioritura della produzione, alla guerra, all’internamento e agli anni successivi. Max muore a Roma nel 1948: «l’uomo che aveva attraversato da Suwalki tutta l’Europa, tutte le guerre e le utopie del secolo trovandosi sempre al centro di ciò che era vivo e fertile non ce l’aveva fatta a superare le
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