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Capri ha bisogno di un museo – CORRIERE DEL MEZZOGIORNO
di Carlo Knight
La più remota storia di Capri sta scritta nel paesaggio. Le rocce rivelano l’appartenenza alla sommersa Tirrenide, e documentano il distacco dalla terraferma. Nei depositi e nelle stratificazioni si leggono le tracce di terrificanti sconvolgimenti tellurici. Gli incavi che marcano gli antichi livelli del mare attestano fenomeni d’immersione ed emersione avvenuti in anni lontanissimi.
Questo paesaggio fuori del comune il quale doveva, per forza di cose, essere stato scenario e testimone di eventi sovrannaturali, conferì ai suoi primi abitatori una dote meravigliosa: la facoltà mitopoiètica, la capacità di creare i miti. Così nacquero le leggende delle Sirene, e quella di Telon, il re dei Teleboi che sposa la ninfa Sebethis e lascia la Grecia per venire a regnare a Capri, miti, le leggende, la storia, sono importanti. Forse anche per questo Augusto cede Ischia per ottenere Capri, e Tiberio sceglie di governare il mondo da quel piccolo scoglio. Priva di precedenti, Capri non sarebbe, malgrado la sua bellezza, il fenomeno letterario che conosciamo. Se Capri non avesse un così illustre passato, non basterebbero gli scritti di Kopisch, Munthe, Douglas, per spingere ancor oggi milioni di ignari visitatori a sbarcare nell’isola sulla scia d’un ideale romantico, alla ricerca inconscia di sensazioni provate e descritte da altri.
Bisognerebbe essere stupidi, o pazzi, per non rendersi conto dell’enorme valore, anche economico, di questa eredità culturale. i capresi non sono folli, né tanto meno scemi. Eppure stanno inconsapevolmente distruggendo una miniera d’oro. Capri sta rischiando di perdere la sua identità culturale. L’eccessiva proliferazione edilizia, l’afflusso incontrollato di masse di gitanti che letteralmente «erodono» il territorio, l’appiattimento del gusto causato dalla globalizzazione dei consumi, la volgare ostentazione della ricchezza, lo scadimento nella sfera del kitsch, stanno un po’ alla volta, in maniera impercettibile ma continua e progressiva, cancellando la memoria storica dell’Isola. Molti non se ne accorgono, ma Capri ogni giorno perde un pezzo di patrimonio.
Conosciamo la risposta. Non c’è niente da fare. Rimpiangere il passato è inutile. Il mondo gira così, e non si può restare indietro. Tutto vero. Però almeno una cosa si può fare. Anzi si deve fare. Bisogna, senza perder tempo, far nascere a Capri un museo. Già nel 1930 Norman Douglas ne auspicava la creazione, al fine di ospitare «vasi, calchi d’iscrizioni e d’intagli, bassorilievi, busti trovati nell’isola». Sono passati oltre settant’anni, e non è successo niente. La Certosa è ovviamente la sede naturale. Il materiale contrariamente a quanto sostengono ignoranti e disfattisti non manca. Si inizi a tirar fuori dai sotterranei la statua del Narciso da Damecuta, la base dedicata a Cenere, ed il Peplophoros da Palazzo a mare. E si faccia la stessa cosa con le statue della Grotta Azzurra (che pare siano state segretamente trasferite a Napoli). Altri pezzi potrebbero venire dai depositi dell’Archeologico di Napoli. Quel grande Museo Nazionale sarebbe in ogni caso in condizione di fornire i calchi del bassorilievo di Mitra, dei due bacini con tralci di vite e rami di pioppo, e di due rilievi (la «cavalcata», e il «Pan sul mulo»). Il British Museum certamente non rifiuterebbe le riproduzioni dell’altare da Villa Jovis, del puteale marmoreo, del teschio di marmo proveniente da una villa di Tiberio, e del busto-ritratto dell’Imperatore. Lo stesso potrebbe avvenire per la «statua togata» del Louvre, e per l’iscrizione greca dell’epigramma di Hypatos conservata a Napoli alla Biblioteca dei Girolamini. Così verrebbe a formarsi un primo nucleo, incrementabile con donazioni e acquisti. Ulteriori aggiunte potrebbero arrivare da una ripresa degli scavi archeologici. Capri è stata depredata per secoli, ma conserva ancora sotto terra parecchi tesori. Quanti sanno che a Villa Jovis l’area esplorata rappresenta solo una piccola parte dei praedia della reggia? Da questo punto di vista anche la pubblicazione, appena uscita dalle edizioni «La Conchiglia», della prima vera guida archeologica dell’isola (Adelia Pelosi, «Percorsi archeologici dell’isola di Capri») costituisce un importante contributo per una migliore conoscenza del patrimonio culturale. Infine nel museo di Capri dovrebbe esserci una sezione storica, capace d’aiutare i giovani ad acquisire coscienza e fierezza delle proprie origini. Qualche suggerimento? Tanto per cominciare non sarebbe difficile realizzare (magari con l’uso di computer e proiezione di diapositive) una sala dedicata alla storia della Grotta Azzurra, con la ricostruzione dell’aspetto che aveva quand’era un ninfeo imperiale. Né sarebbe una cattiva idea dedicare un po’ di spazio ai personaggi che hanno fatto Capri. I pannelli fotografici e illustrativi di due recenti mostre, la prima consacrata a Norman Douglas dal museo di Bregenz e l’altra, dedicata a Krupp dal Comune di Capri, sarebbero utilizzabili senza spesa. Per ricordare la figura di Munthe il governo svedese darebbe probabilmente un contributo.
Al momento sono previste alla Certosa importanti interventi di restauro, ma non si capisce come queste opere possano essere realizzate al buio, senza conoscere la sua futura destinazione. Dicono che il monumento sarà utilizzato per eventi culturali. Ma poi si scopre che stanno parlando di sfilate di moda, avvenimenti mondani, festival di canzoni, spettacoli vari. Ancora una volta si sceglie il banale, il volubile, il rischioso, l’effimero, al posto di iniziative solide e durature. Si pensi all’immenso «business» impostato dagli abitanti di Salisburgo sul mito di Mozart. Non è facile credere, conoscendo la capacità imprenditoriale dei capresi, che nell’Isola Tiberio sia presente solo su una lapide, l’insegna d’un bar, e l’etichetta d’un vino.
Prime firme per un appello
Antonella Basilico Pisaturo, Graziella Buontempo, Liliana Cavani, Roberto Ciuni, Giuseppe Galasso, Carlo Knight, Raffaele La Capria, Gianfranco Morgano, Dieter Richter e Fulvio Tessitore sono i primi firmatari di un appello per l’istituzione di un Museo archeologico della storia di Capri nella Certosa di San Giacomo, in cui raccogliere reperti importanti come le statue della Grotta Azzurra, l’efebo di Damecuta e le statue acefale con l’ara ritrovate durante gli scavi dell’hotel Palatium già conservati sull’isola oltre a reperti dislocati altrove e a testimonianze sulla fervida vita culturale caprese tra Otto e Novecento.
I libri delle Edizioni La Conchiglia sono pubblicati anche con un contributo annuo della Regione Campania.
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