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20 Dicembre 2015

“Ridi pagliaccio”, un libro sulla vita di Enrico Caruso – IL ROMA ON LINE

di Teresa Mori

NAPOLI. All’Opera Cafè Scaturchio (Foyer del Teatro San Carlo) Francesco Canessa ha presentato al pubblico “Ridi pagliaccio. Vita, morte e miracoli di Enrico Caruso” il suo nuovo libro dedicato al grande Enrico Caruso: ad affiancarlo durante l’incontro, il Direttore Artistico del Teatro di San Carlo, Paolo Pinamonti. Francesco Canessa, giornalista, saggista e critico musicale oltre che Sovrintendente del Teatro San Carlo dal 1982 al 1987, poi nuovamente dal 1990 e fino al 2001, osservatore privilegiato e impegnato in prima persona nel nobile giro di vite che hanno scritto la storia della musica mondiale, racconta quello che è  il personaggio da lui piu amato. Aneddoti narrati con estrema veridicità ma anche con profonda tenerezza, un libro  che consente di addentrarsi nella storia di colui che i ha reso immortale l’arte del Teatro.  Il volume (edito da “La conchiglia”) ripercorre in una chiave di lettura nuova ed essenzialmente drammatica gli ultimi anni di vita del più celebre tenore d’ogni tempo, morto ad appena 48 anni, intrecciando la sua storia familiare ed artistica con quella dei “Canessa Antiquaires”: “Tre fratelli che a New York, a Parigi e a Napoli furono molto vicino al tenore e lo guidarono nella sua passione per gli oggetti antichi, che coltivò aggiungendo alla personalità di artista una profonda dimensione culturale e una posizione di rilievo nel mondo del collezionismo d’arte” racconta Canessa. Nel libro vi si narra anche degli anni in cui il tricolore sventolava sul più importante teatro d’America, con Gatti Casazza e Toscanini al comando e una schiera di italiani alla ribalta, con al centro il trio napoletano Caruso, Scotti e Amato. Ricordiamo inoltre che fu lo stesso Caruso  a descrivere  l’inizio della sua agonia in una lettera indirizzata alla sua antica maestra Emilia Niola, scritta su carta intestata dell’Hotel Vanderbilt, il 14 dicembre 1920: nella, lettera il tenore confidava le sue speranze e i suoi timori ad una lontana amica. Otto mesi dopo, in una stanza dell’albergo Vesuvio, di fronte ai bagni Risorgimento, ove iniziò come posteggiatore la sua vita d’artista, il 2 agosto 1921 alle ore 9 e 7 minuti, Caruso morì, si spense proprio nella sua Napoli, città dove vent’anni prima aveva giurato di non cantare più a causa dei giudizi pungenti del barone Saverio Procida al quale toccò il compito di scrivere il fondo-epitaffio con titolo a piena pagina “Il materno dolore di Napoli per la morte di Enrico Caruso”.

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