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5 Agosto 2014

L’età d’oro dell’isola party, sfide a duello e flash di paparazzi – LA REPUBBLICA

Se n’è andato nel 2005. In Piazzetta ancora ricordano i suoi pantaloncini colorati, da allora detti “alla Capri”, le sue feste e notti brave a Marina Piccola. Già il suo nome è sinonimo d’altri tempi: Alessandro Maria Galeazzo Ruspoli. Per tutti Dado: Totò lo prese a modello per il suo personaggio ne “L’imperatore di Capri”. Più che un dandy all’italiana, aristocratico e donnaiolo, Dado è un simbolo: il retaggio di quel decennio dorato che ha investito Capri tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Anni irripetibili per l’Isola azzurra, da scoglio di pescatori e colonia felice per artisti stranieri, a culla della “Dolce Vita”, tra paparazzi, mega yacht in rada, feste alla “Canzone del mare” e fiumi di champagne. Protagonisti: attori del jet set, scrittori, regine e principi. Sono tutti raccontati, pagina dopo pagina, nell’ultimo libro di Marcella Leone de Andreis. Il suo “Capri 1950, Vita dolce vita” (edizioni La Conchiglia ), chiude la “trilogia caprese”, affascinante resoconto in cui la giornalista e saggista tratta ogni aspetto storico e di costume avvenuto nella Terra delle Sirene, dagli anni Trenta ai Cinquanta.

La Piazzetta oggi come ieri è il centro pulsante della vita caprese; a sinistra il porto di Marina Grande negli anni Quaranta; accanto a sinistra gli scrittori Alberto Moravia ed Elsa Morante e due turisti in groppa agli asinelli mezzo di trasporto molto in voga negli anni Cinquanta. Impossibile elencare tutti i bizzarri personaggi sbarcati ogni estate a Marina Grande. Molti li ricorda Raffaele La Capria, che firma la prefazione al testo: in gioventù, lo scrittore era solito assistere allo struscio serale, seduto sui gradoni della Piazzetta. Siamo nel 1948 e mentre l’Europa è in brandelli, tentando di ricomporsi in pieno dopoguerra, a Capri si riversano i giovani “leoni” d’Europa, rampolli di nobili famiglie, in cerca di relax e libertà. Sono gli epigoni di quegli intellettuali che ad inizio Novecento scelsero l’isola come dimora, da Jacques Fersen a Norman Douglas e Axel Munthe. Fino al 1944, quasi ogni casa e pensione era stata requisita dagli Alleati, che fecero dell’intera area un “Rest Camp”, campo di riposo per piloti americani in licenza, gestito dal generale Carl Woodward. Quattro anni dopo, con l’incubo della guerra ormai lontano, la scena è di Dado, che detta regole di costume e movida, girando per via Camerelle con un corvo in spalla e mise appariscenti. Segue Rodolfo Crespi, ricchissimo italo-brasiliano, che ha sfidato a duello un giornalista che aveva osato criticare dalle colonne de “L’Unità” il suo stile di vita dissipato, “da borghese decadente, inutile al popolo”. Seduti a un tavolino si possono scorgere Graham Greene, Grace Kelly, Greta Garbo. O Lucky Luciano, da tutti riconosciuto e ignorato, tranne che da quel burlone di Pelos La Capria, fratello di Raffaele, che è solito avvicinarsi a lui e salutarlo gridando un “taratatà!” che imita lo sparo di un mitra. È sopravvissuto per raccontarlo.

Ancora, feste di caviale e spumante in funicolare e party nelle ville a picco sui faraglioni. All’ostentazione di principi e marchesi risponde l’austerity dei “compagni” capresi, quelli di sinistra, che ogni sera offrono in segno di  vibrante protesta, piatti di pasta e fagioli alla Camera del Lavoro. Ma sono in pochi a fermarsi: tutti preferiscono il “Gatto Bianco” dei fratelli Esposito, i primi a installare a Capri un frigorifero (grazie alla vincita di una schedina fortunata) per conservare pietanze e vino. È nel loro night che debutta al piano un giovanissimo Peppino Di Capri. Va molto anche “Il Clubino”, dove si balla scalzi e circola molta droga. “Non c’è più la Capri di una volta—mormora Norman Douglas—prima non girava l’eroina. A noi bastava l’oppio”. Si chiude un occhio sui costumi succinti, sui party spinti, sulla morarità ambigua. “Capri la tollerante”, accoglie tutti: dai 726 mila visitatori annuali nel 1939 al milione nei decenni successivi. Anche i vertici del Pci cedono alla ” tentazione borghese” e non rinunciano a un bagno nella Grotta Azzurra. Arrivano Luciana Viviani, figlia del grande Raffaele, Palmiro Togliatti, accompagnato da Giorgio Napolitano e Maurizio Valenzi. E poi c’è Curzio Malaparte, inviso da tutti i capresi per “quell’obbrobrio di villa” che ha costruito a Punta Masullo, oggi considerata un capolavoro. Gli fa da contraltare Edda Ciano, figlia del duce, la cui villa sul Castiglione risponde al beffardo indirizzo di viale della Liberazione. In una casetta di via Tragara, alloggiò anche Pablo Neruda. Fu lì che sposò la sua giovane amante Matilde Urrutia. Le donò un anello con incisa la scritta “Capri, 3 maggio 1952″. Anni irripetibili.

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