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19 Giugno 2023

“Capritudine”: sirene, flaneur ed altri bei tipi – LA REPUBBLICA NAPOLI

di Stella Cervasio

“Capritudine”: via di mezzo tra lo stato d’animo della solitudine e della beatitudine, accostabile al termine tedesco Capri Sehnsucht (desiderio, aspirazione, nostalgia, brama di Capri), ma praticamente intraducibile. E’ una forma di appartenenza a Capri (inclusione, partecipazione, militanza, ma anche di più) che non colpisce tutti i suoi visitatori o frequentatori, e neppure tutti i suoi abitanti o residenti. In “Capritudine. Modi e mode dell’Isola Azzurra” Renato Esposito, che del territorio è il depositario di tutte le narrazioni più affabulanti, declina il termine da lui stesso coniato in 12 capitoli, e già nella numerologia troviamo i primi riscontri: 12 come le presunte ville di “Timberio”, imperatore vituperato e poi riscattato da un avvocato laureato ad Harvard, Thomas Spencer Jerome, che considerò – come scrive Carlo Knight in un altro libro edito sempre dalla Conchiglia, editore caprese per eccellenza – Tacito e Svetonio due mistificatori pettegoli. ma non divaghiamo: 12 capitoli, in ciascuno dei quali i diversi lettori potranno riconoscere la propria isola idealizzata. Quella delle sirene volanti, quella dei flaneur, quella degli animali strani, forse mai veramente esistenti, che hanno degni eredi nella contessa Fenicia Caprensis capace di «rinascere ogni estate dalle sue ceneri grazie al chirurgo plastico» con una faccia metà da gatto e mtà da pesce, o come «don Camaleonte Azzurro di Matermania affetto dalla sindrome di Zelig, che cambia colore fino a diventare invisibile prima di pagare il conto».

Ed altri tipi capresi e non che Renato Esposito, erede di un’antica famiglia legata all’ospitalità di classe e tradizione isolana osserva da un belvedere privilegiato, quello che, appunto, vede giungere dal mare «coloro che aspirano a Capri» ma non sanno se la meritano oppure no. Con nel cuore i disegni di Fabio Finocchioli, questo libro introduce al “benessere” regalato dall’isola a chi l’approccia dalla parte del mito e dell’invenzione letteraria e artistica, a patto che non scada mai nell’involgarimento o nella banalizzazione del mito stesso. Un mito capace di sopravvivere a ogni epoca, perché stratificato e ricorrente. Riccardo Esposito, editore e prefatore del volume definisce la Capritudine una «sottile, dolce e amara sensazione» nella quale chi si affaccia sul palcoscenico del grande teatro che è Capri prima o poi si imbratterà. In fondo questo mito consente all’autore di descrivere anche un paesaggio a cui più volte tanti hanno compiuto attentati, e che nonostante tutto sopravvive con la forza della memoria e grazie, molto spesso, all’energia di chi ci vive e lo difende, molto più a Capri che altrove. Una mappa che va dal recentemente fruibile sentiero dei Fortini di Anacapri allo scoglio del Monacone, da Punta Massullo dove Malaparte ardì costruire la sua avveniristica casa ai percorsi labirintici e coperti di Madre Serafina che guardano la Piazzatta dall’alto, fino al surreale paesaggio montuosomarino del Faro di Anacapri, dove si sta al mare sulle rocce come se fossero le Dolomiti.

“Capritudine” è benessere ma è anche una malattia dalla quale è impossibile guarire. La fase successiva alla volontà di possesso delle pietre, del paesaggio, della geografia sempre sfuggente dell’isola, è quella di cercare di farsi accettare dai fieri capresi come aspiranti isolani, se non con passaporto caprese, almeno ammessi in quanto perdutamente innamorati e perciò combattivamente protezionisti. Perché questo ci insegna Renato Esposito, che dell’espressione “Capritudine” ha fatto una definizione da proteggere da chiunque potrebbe distorcerla, farne uso improprio e in questo senso va la narrazione che ama farne, anche nelle sue affollate passeggiate dove si raccontano e si vestono nel contempo luoghi e si rievocano personaggi che di Capri hanno fatto la storia della “creazione” letteraria, poetica e artistica giungendo da ogni parte del mondo. E c’è anche altro che Capri meriterebbe: un’isola che ha una storia che risale ai mammut ma che non ha un museo che la riepiloghi e la mostri agli affascinati da Capri che arrivano a frotte, ma se ne tornano a casa solo con in tasca nient’altro che un pizzico di stelle.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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