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28 Agosto 2017

Anacapri, Esposito documenta la grande bellezza deturpata – IL MATTINO

di Francesco Durante

Da un punto di vista estetico, tutto quello che si è costruito negli ultimi cinquant’anni ad Anacapri appartiene a categorie che oscillano tra l’irrilevanza e l’orrore. Ma il vero problema è che quello che si è costruito negli ultimi cinquant’anni è molto più di quanto non si fosse costruito nei duemila anni precedenti; e che dunque lo spazio compreso tra l’irrilevanza e l’orrore è cresciuto in maniera esponenziale, come del resto emerge benissimo dal confronto fra due foto pubblicate a pagina 154 di Anacapri. Vicende storiche, immagini, percorsi e brani letterari, il bel volume ricco di immagini che Riccardo Esposito ha curato per i tipi de La Conchiglia (pagg. 286, euro 48). Le due foto sono altrettante vedute aeree, la prima del 1943, la seconda del 2003, e documentano una «dilagante» urbanizzazione che, tra molto altro, si è mangiata la Migliera, il versante del Faro e quello della Grotta Azzurra.

Quello di Esposito è lo sguardo di un isolano da sempre molto sensibile alle questioni ambientali, e il suo libro non è certo il primo a sollevarle in modo così lucido. È d’altra parte abbastanza stupefacente lo squilibrio fra l’abbondanza e la qualità dei contributi dettati dall’urgente necessità di una maggior tutela del territorio e il modo in cui esso, al di là di certe enfatiche (e sostanzialmente disattese) petizioni di principio, è stato governato: tutt’altro che bene, come ricorda Esposito con riferimento specie alla «travagliata e complessa vicenda delle varie redazioni dei Piani urbanistici», contraddetti e vanificati da «un diffuso ed endemico abusivismo edilizio», ovvero dalla «gigantesca rapina edilizia» (Roberto Pane) che negli anni ’80 ha il suo momento di massima ferocia, e tuttavia senza che l’evidenza dei danni provocati allora riuscisse in seguito a ispirare la necessità di una pausa odi un ripensamento, se non di una marcata inversione di tendenza capace, almeno, di arginare il portato più evidente dell’alleanza tra l’esasperata urbanizzazione e il quotidiano assalto dei «gruppi»(quindicimila persone al giorno): una motorizzazione selvaggia che è il tratto più negativo di Anacapri rispetto a Capri, il cui centro abitato è invece precluso ai veicoli. Ma il libro di cui stiamo parlando non si esaurisce nel sia pur fondamentale aspetto della tutela. Ripercorre in modo piacevole e curioso la storia di Anacapri, ne descrive il patrimonio storico e paesaggistico, propone una scelta antologica di testi letterari e non. E parla di una sorta di isola «altra» rispetto a Capri, raccontando tutta una serie di cose spesso sorprendenti. Come i «muri a dispetto» che già negli anni Venti, come raccontava Edwin Cerio, potevano essere eretti al solo scopo di dar fastidio a un vicino oscurandogli la vista: pratica che, se da un lato documenta caratteristiche storie di odi paesani, dall’altro si può considerare un’anticipazione di ben più devastanti speculazioni (munite di licenza). Infine, Esposito addita per Anacapri la necessità di ridefinire il proprio futuro. C’è ancora molto da fare, puntando su «una precisa identità storica, sociale ed economica», per «trasformare il vero e proprio giacimento di valori immateriali custodito dal suo territorio e dalla sua storia in progettualità e ricchezza per le future generazioni».

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