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20 Novembre 2013

Il teatro a Napoli, una questione di famiglie – IL MATTINO

di Titta Fiore

Oggi la chiameremmo una famiglia allargata. E che famiglia, quella di Eduardo Scarpetta, che mirabile intrico di energie e di talenti, che «sultanato» alla napoletana retto da regole ferree e da un albero genealogico frondoso come una quercia.
Con i figli legittimi Vincenzo e Maria autorizzati a chiamarlo papà, e quelli illegittimi, Titina, Eduardo e Peppino De Filippo, obbligati a fermarsi a un meno compromettente «zio», e con i cugini di questi ultimi, Eduardo e Pasquale, nati dal legame di un’altra sorella De Filippo con l’instancabile Scarpetta, costretti al nome d’arte Passarelli perché sulle scene partenopee c’era posto per un solo Eduardo De Filippo.

Tutti insieme appassionatamente, chi stanziale, chi di passaggio, nel palazzo di via Vittoria Colonna, quartiere Chiaia, accanto alle avite magioni dell’aristocrazia di stirpe o di censo napoletana. Il segno del successo, per l’autore di «Miseria e nobiltà», partito dalle tavole malmesse del San Carlino nei panni scalcagnati di Felice Sciosciammocca per approdare alle strade della rispettabilità borghese. Una dea alata a fare da stemma sul portone, le statue dei personaggi della sua commedia di maggior successo, «’A Santarella», nell’androne. E, nelle case, un intreccio mai visto di grandi nomi. Un catalogo della storia del teatro napoletano, che è come dire la storia del teatro tout court.

Già, perché a Palazzo Scarpetta, grazie al matrimonio con Dora era andato a vivere Vittorio Viviani, uno dei figli di don Raffaele, e nell’altra ala abitavano i Carloni: tanti fratelli, tutti attori, due dei quali avevano sposato Titina e Peppino De Filippo. Un vero e proprio Parnaso delle arti sceniche che Francesco Canessa racconta con eleganza, competenza e leggerezza nel libro “Attori si nasce” (edizioni La Conchiglia, 147 pagine, 15 euro). In quel Palazzo di via Vittoria Colonna l’autore entrò per la prima volta nell’estate del ’44, quando la città era piena di soldati americani, amico del figlio di Titina, Augusto. E lì è stato testimone di mille incontri, ha ascoltato confidenze, ha visto nascere capolavori, scoppiare litigi epocali, formarsi personalità straordinarie. Da melomane appassionato, critico musicale del «Mattino» prima, sovrintendente del San Carlo per lunghi anni poi, Canessa si è divertito, nelle pagine di “Attori si nasce”, a ripercorrere «gli acuti» dei protagonisti del teatro napoletano, convinto dell’importanza «determinante» degli interpreti «nell’evoluzione drammaturgica o addirittura nella formazione di una nuova estetica». E quindi il libro non è solo un memoir chiaroscurato anche da tenerezze private (perché a Palazzo Scarpetta l’autore conobbe l’amatissima moglie, Italia Carloni, ’a Piccerella cara a Tina Pica), ma un suggestivo affresco d’epoca e un percorso storico affrontati con il piglio del cronista di rango, la serietà dello studioso e lo humour del raffinato narratore.

Ecco, allora, il celebre processo intentato a Scarpetta da Gabriele D’Annunzio per la parodia della «Figlia di Iorio», ecco la scenata che sancì l’addio tra Eduardo e Peppino, durante le prove della commedia «’O chiavino», e quel grido di «Duce-Duce-Duce!» rivolto al primo in segno di massima offesa. Ecco il memorabile debutto di «Napoli milionaria!» al San Carlo, la mattina di domenica 25 marzo del ’45 («Eduardo stava ancora dietro una quinta abbracciando Titina, tutti e due in lacrime, quando arrivò Raffaele Viviani gridando: «Siamo vivi, Edua’, siamo vivi!») e i ricordi di Tina Pica, fuori dalle scene per tutti donna Concetta, a fare quasi da secondo filo conduttore. E poi quello sciopero al San Carlo, «il primo in assoluto nel mondo dei teatri d’opera», che bloccò il debutto partenopeo di Toscanini. E l’irruzione, sul palco del Nuovo «sopra Toledo», di un giovane fantasista, Totò, che si presentava sui manifesti come imitatore del «comico zumpo» Gustavo De Marco e nei fatti dette linfa al nascente teatro di rivista.

Quando Eduardo scrisse «Filumena Marturano» il successo fu tale che Pio XII, Papa Pacelli, volle ricevere la compagnia in udienza privata. E a Titina chiese di recitare la struggente preghiera alla Madonna d’’e rrose. Per l’entusiasmo dimenticando, annota sornione Canessa , perfino di usare il prediletto plurale maiestatis. Titina De Filippo è scomparsa cinquant’anni fa, il 26 dicembre, nel 2014 saranno trent’anni dalla morte di Eduardo: la foto di copertina che li ritrae insieme vuole essere un affettuoso omaggio al doppio anniversario.

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