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9 Settembre 2014

In “Vita dolce vita” Marcella Leone De Andreis ricostruisce il clima degli anni Cinquanta sull’Isola Azzurra – IL ROMA

di Armida Parisi

La dolce vita è cominciata a Capri, molti anni prima di quella romana immortalata da Fellini. Le prove sono nel bel libro di Marcella Leone De Andreis, “Vita dolce vita” (edizioni La Conchiglia), che disegna un panorama assai intrigante di quella colorata società cosmopolita che già dall’immediato dopoguerra cominciò a riempire le stradine che gravitavano intorno alla Piazzetta. Un’ansia di vita e di divertimento pareva percorrere le vene di quella gioventù dorata, appartenente a famiglie di antico retaggio nobiliare o dell’alta borghesia industriale, che era uscita indenne dalla guerra e non vedeva l’ora di recuperare il tempo perduto sotto i bombardamenti. Il mondo che contava si ritrovava a Capri e qui lanciava mode e comportamenti trasgressivi che solo diversi decenni dopo diventeranno patrimonio collettivo: nascono qui i pantaloni colorati e tagliati alla caviglia per le donne, qui si vedono i primi topless e le magliette colorate per gli uomini. Ai colori di Capri si ispira Emilio Pucci per le sue prime collezioni, sull’isola viveva Irene Galitzine, qui si cominciavano ad affermane le tessiture della Gallotta mentre La Parisienne lanciava lo stile Capri.

Dado Ruspoli è il regista incontrastato del bon vivre caprese: bello e spregiudicato fa della provocazione il suo stile. È a lui che si ispirerà Comencini per “L’imperatore di Capri”, interpretato da un indimenticabile Totò con la erre moscia e il ciuffo impomatato. Pupetto Caravita di Sirignano non è da meno. Attorno a queste due icone del divertimento si muove una gioventù dorata che trascorre i mesi estivi tra feste in villa e bagni a Marina Piccola. Proprio nel 1950 apre la Canzone del mare, che diventa il lido più esclusivo dell’isola Star di Hollywood e teste coronate arrivano a frotte: da Liz Taylor e Clarck Gable passando per Sofia Loren, il re egiziano Farouk, Margareth d’Inghilterra e Soraya. Neppure la malavita era indifferente al fascino dei faraglioni: amava sedersi in piazzette il mafioso americano Luky Luciano, cui, come ricorda Raffaele La Capria nella prefazione, suo fratello Pelos indirizzava un beffardo “tatataa” facendo il verso a una mitragliatrice.

Ma Capri era diventata, già prima della guerra, il luogo in cui si rifugiavano i comunisti. C’erano stati Gorky e Lenin, e adesso ci viveva Napolitano, e ci andavano Mario Alicata, Emilio Sereni, Massimo Caprara. Anche Togliatti ci era stato due volte. E c’era pure una cospicua Presenza di intellettuali e creativi: Moravia con Elsa Morante stava ad Anacapri come pure Graham Grcene, e c’erano Norman Douglas, Guttuso, Palma Bucarelli, mentre Graziella Lonardi, si avviava a diventare la splendida mecenate di un nutrito stuolo di artisti. E come tacere della vita notturna, quella che dai frequentatissimi night dell’isola, vide muovere i primi passi Peppino di Capri e Roberto Murolo? E in questo clima che nasce “Luna Caprese”, la colonna sonora di tanti amori sbocciati in quegli anni.

Uno straordinario coacervo di energie che Marcella Leone De Andreis ha ricostruito con dovizia documentaria e sagace raccolta di testimonianze. A completare e impreziosire l’opera non poteva mancare un ampio apparato fotografico che, insieme alla consueta eleganza tipografica delle edizioni La Conchiglia, rende il libro un indispensabile momento di confronto con un mondo ormai lontano ma che esercita ancora un fascino struggente.

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