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Proverbi e modi dire Napoli antica e moderna in un dizionario filosofico – LA REPUBBLICA NAPOLI
di Francesco Canessa
Tra le firme più prestigiose del giornalismo napoletano nel mezzo delle due guerre e ancora subito dopo la seconda, Alberto Consiglio si distingue anche per una poderosa produzione di saggistica e storiografia. È interessante constatare come in quegli anni le nostre penne migliori abbiano scelto per realizzarsi una strada diversa dai colleghi della generazione precedente: se Libero Bovio, Ferdinando Russo, Ernesto Murolo, Giovanni Capurro avevano alternato il lavoro di redazione con la poesia, creando i versi di canzoni divenute celebri, Consiglio e i suoi coevi si rivolsero alla narrativa, alla saggistica, alla ricostruzione di eventi storici e al cinema piuttosto che al teatro. Un coefficiente di carattere sociologico e politico deve aver influito nello spontaneo abbandono di quella vena nobilissima, ma intrisa di decadentismo, alla conquista di una più impegnativa presenza, meno localistica, ovvero fondata sulla continuità di una tradizione di maggior spessore presente nel bagaglio culturale del popolo meridionale.
Consiglio fu co-autore con Roberto Rossellini della sceneggiatura di “Roma città aperta”, essendo il soggetto ricavato da una sua novella, “La disfatta di Satana”, ispirata alla figura di don Pietro Pappagallo, trucidato alle Fosse Ardeatine. Era uno sceneggiatore esperto – partecipò alla stesura di più di una dozzina di film – e tale tendenza si specchia nei testi di narrativa, in cui le figure vere o verosimili che vi appaiono rivelano attraverso il dialogo i loro caratteri.
Pur essendo partito da Napoli e avendovi anche diretto il quotidiano “Risorgimento” , che unificava le tre testate storiche della città, Mattino, Roma e Corriere di Napoli, svolse la maggior parte della sua attività a Roma ma senza mai trascurare la storia di Napoli, del suo popolo e del suo linguaggio: “Lazzari e Santa fede”, un fondamentale saggio sulla Rivoluzione del 1799 ripubblicato da Rusconi nel 1998 sotto il titolo “La Rivoluzione napoletana del 1799-Fine di un reame”, “Napoli amore e morte” (1959) e ancora “Camorra” (1965), ricostruzione storico-sociologica dell’origine del fenomeno, di grande interesse per comprendere quanto sia diversa l’attuale criminalità, che ci si ostina a definire con quel nome.
Il “Dizionario filosofico napoletano – Detti, motti e proverbi” presentato dall’editore in una edizione assai curata e corredata da una bibliografia rivelatrice della dimensione creativa dell’autore, è datato 1971 ( Consiglio scomparirà due anni dopo ). Si sa che sin dai tempi di Salomone, che per primo li raccolse in un libro, i proverbi rappresentano la saggezza di un popolo. Ma sono anche la testimonianza dell’uso della lingua nel costruire allusioni, esempi, storie distorte per raggiungere attraverso parafrasi divertenti significati seri, insegnamenti concreti, moniti preoccupati, suggerimenti essenziali di vita. E Consiglio ne sottolinea, nell’analizzarli uno per uno, la forza letteraria della parola detta, oltre che di quella scritta, quasi sapesse che sarebbe arrivato il giorno in cui diventa necessario difenderle insieme.
L’Unesco ha diffuso di recente uno studio che calcola come nel mondo si verifichi ogni due settimane la scomparsa di una lingua, sopraffatta da un processo di trasformazione e di assimilazione di linguaggi diversi. Non è difficile avvertire che anche il Napoletano è in pericolo e che quel corso è in atto. Il Dizionario ha fra le sue benemerenze quella di frenarne o almeno controllarne il regresso.
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