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25 Novembre 2003

Sfida futurista a Capri nel segno della provocazione – IL MATTINO

di Maria Vittoria Vittori

Giudizi senza appello, quelli che amava emettere il Grande Capo futurista Filippo Tommaso Marinetti, e per temperamento, innato, e per gusto della sfida, successivamente appreso in quanto redditizio ai fini del battage pubblicitario. Cosicché il bianco e il nero, il futurismo e il passatismo, la vitalità e il putridume risultano sempre separati da una lama ben affilata: di là i Guidogozzano e i crepuscolari tisici, di qua i rigogliosi giovanotti futuristi; di là la zavorra del passato, di qua lo slancio verso il futuro; di là Roma, Firenze, Venezia al chiar di luna, «piaghe purulente della penisola», di qua Milano e Genova illuminate dalle potenti lune artificiali del progresso. Ma c’è un luogo e più che un luogo è un nucleo simbolico, un condensato di miti che non si lascia attraversare dal suo giudizio senza appello. Un luogo che Marinetti conosce benissimo e che ama al punto d’ambientarvi alcuni dei suoi libri e da acquistare un terreno a Marina Piccola per costruirsi una villetta: l’isola di Capri. E per l’appunto, ora si ristampa, a cura delle edizioni La Conchiglia che hanno sede proprio a Capri, il primo di questi libri: L’isola dei baci (pp. 130, euro 14,50) scritto nel 1918 insieme aBruno Corra, alias Bruno Ginanni Corradini.
L’arguta prefazione di Sergio Lambiase fornisce le coordinate per addentrarsi nell’«umorismo nero» degli autori, che al pari di molti loro compagni d’avventura tra i quali occorrerà citare Italo Tavolato, Francesco Cangiullo, Fortunato Depero, Enrico Prampolini molto si giovarono dell’aria di Capri. Ma quali sono i componenti chimici di quest’aria così speciale? Li vediamo agire, con esiti divergenti, nella trama del romanzo. La sfacciata bellezza, la divina indolenza, l’indefinibile miscela di suggestioni emanate da Capri sono per Marinetti e Corra i mezzi più idonei a ritemprare le loro maschie energie consumate in guerra; mentre, per la congrega cosmopolita di banchieri, letterati, industriali, archeologi e politici riunita nella Grotta Azzurra assumono valore di cornice ideale per orgogliose rivendicazioni gay.
E così, mentre Marinetti, pur affaticato dalla guerra, non perde occasione di dare amorosa battaglia alla bella contessa De Ritten, il di lei marito è impegnato, con gli altri membri dell’internazionale gay, a fondare «Il Regno degli amori eleganti, dei contatti delicati, dei vaporosi approcci, dei raffinati sfioramenti, delle rovine illustri e delle mani curate». Appare evidente che questo divertissement, questo numero un p0′ sguaiato di Cafè chantant, in tutti i modi si può definire tranne che politicamente corretto: i due ragazzacci futuristi non si fanno troppi scrupoli nell’infilare vezzosi costumini a rubizzi banchieri e nell’affibbiare deliziosi cinguettii a seriosi politici. Non manca nemmeno l’antenata della nostra Platinette: l’antiquario e numismatico svizzero Werkopfen, in arte Pomponnette. Siamo sul terreno della parodia, e nemmeno tanto raffinata, ma è pur vero che l’intento di Corra e Marinetti ha un fondamento serio: lacerare quel languido culto della bellezza e dell’armonia che sta soffocando Capri. D’ora in avanti Marinetti, amante di Capri ma non certo del divino Passato, si dedicherà con autentica passione a ricercare nella bellezza del luogo quell’elemento selvaggio e non addomesticabile, riluttante ad ogni elegia, che è lui ne è sicuro intrinsecamente futurista.
Cosicché ambienta nell’isola alcune delle sue novelle più originali che compongono il volume Novelle colle
labbra tinte, ora ristampato da Vallecchi (pp. 272, euro 17,00). Quello che Marinetti compie in «Fabbricazione di una Sirena» è un premeditato oltraggio ai numi tutelari del luogo; in altre novelle Capri subisce una vera e propria metamorfosi. Nel «Bacio nuotato», il sesto della sequenza di undici baci inviati alla Principessa Rosa di Belgrado, Marinetti fantastica di un incredibile metamorfico amplesso nel mare di Capri. Semplici suggestioni erotiche? Deve esserci qualcosa di più se nel «Convegno del Paesaggio» promosso nel 1922 da Edwin Cerio, Marinetti entusiasticamente proclama: «Capri, i critici pedanti ti vedono una e armoniosa. Io ti chiamo l’Innumerevole. Sei la molteplicità, la simultaneità ilare cinica religiosa entusiasta». Se voleva ribattezzare futuristicamente Capri, bisogna dire che, almeno in superficie, con le sue eccentriche novelle e i suoi proclami vi è riuscito. Per quanto riguarda la «tenuta» dell’operazione, sarà utile rileggere il sobrio commento di Cerio, che da caprese verace, troppi vati aveva visto passare sull’isola: «Marinetti era partito e Capri riprendeva il suo solito ritmo di vita, eterno».

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